domenica 14 dicembre 2014

Sul "Pasolini" di Abel Ferrara con i contributi di Maria de Medeiros, Adriana Asti e Abel Ferrara. By Walter Ciusa



Faccio outing: "non sono andato a vederlo in Anteprima al Festival- troppa ressa-, ma lo stesso mi spingo ad alcune considerazioni sulla bontà o meno dell'operazione". Abel Ferrara è stato uno dei più grandi cineasti viventi nel decennio tra la fine degli anni 80 e la fine dei 90, quando- purtroppo- abbandonò il sodalizio artistico con l'amico sceneggiatore Nicholas St John. Memorabili e di quel periodo ci rimangono: "Il Cattivo Tenente", "Occhi di serpente", "The addiction", "The Funeral", "King of New York". Nel dopo St John forse solo " Mary" e 4:44 Last day on earth, sono films degni di nota.
Spesso di fronte ad operazioni complesse come il "Pasolini" di Ferrara, la critica cinematografica dà giustamente allo spettatore la doppia opzione "Perchè sì/perchè no" e il film del bad boy del Bronx, si presta perfettamente a questo gioco.
Perchè sì: pochi lo ricordano, soprattutto tra i giovani, che al limite ne hanno sentito parlare alla lontana e in maniera confusionaria; e anche pochi registi/scrittori e intellettuali ne omaggiano o citano lo straordinario percorso creativo ed esistenziale del poeta di Casarsa. Mi ricordo ancora la visita di Nanni Moretti alla tomba del Sommo, nella prima parte dell'ottimo "Caro diario". E quindi perchè non conservarne anche solo il ricordo, attraverso il linguaggio breve ed emozionale del cinema, che tanto piace ai giovani, anche solo su quello che Abel definisce "The last day"? E poi c'è anche un cast di attori di rango internazionale.
Perchè no: Pasolini meriterebbe un'intera sezione al Festival con proiezioni dei suoi films, reading letterari, performance, dibattiti. E nessun film, nessun biopic, sarebbe anche lontanamente in grado di raccontare la complessità di questo eroe del 900. Meglio quindi- e qui cito Squitieri- affidarsi ai documenti video da mostrare in ordine cronologico, che ne testimonino le fasi, i suoi molteplici interessi, i cambiamenti. Essere estremamente creativi, come Pasolini (o persino volerlo essere a ogni costo, come notano gli osservatori meno benevoli), e perciò passare da un campo all'altro (dal romanzo al cinema e alla critica sociale, sociologica ed economica), ha un suo costo: quello di seminare di perle (romanzi, poesie, film, documentari, testi teatrali) il proprio cammino ma anche di intuizioni, magari brucianti, ma proprio perché tali, poco organiche e di difficile se non di impossibile interpretazione "postuma". Quindi ribadisco: meglio affidarsi ai documenti.

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