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martedì 6 luglio 2021
LADRI DI BICICLETTE- Videorecensione di Walter Ciusa
Pietra miliare del cinema, della sua storia. Vertice del neorealismo partecipativo-emozionale di Vittorio De Sica, diverso, se non lontano, dall’asciuttezza quasi fenomenologica di Rossellini. In comune tra i due, l’uscire per strada e filmare la realtà per come si presenta, senza riprodurla in un teatro di posa. Una rivoluzione, e una rivoluzione italiano. Da allora, è non è un’esagerazione, il cinema non è più stato lo stesso. Ladri di biciclette, anno 1948, scritto ovviamente da Cesare Zavattini, l’indispensabile alter-ego del De Sica di quella stagione, ha la forza semplice ed esplosiva dei grandi racconti alla Dickens, una storia universale di povertà, dignità, di un padre e di un bambino che lottano per una vita decente. L’hanno visto nei più remoti angoli del pianeta, e l’hanno amato, hanno applaudito e pianto. Racconta Christian De Sica che una volta in Mongolia, sapendo che era il figlio del regista di Ladri di biciclette, quasi lo abbracciarono. In Mongolia. Un film che è stato studiato, riprodotto, rifatto mille volte, in Iran, in India, in Egitto, ovunque ci fosse bisogno di raccontare una storia di ultimi, di diseredati in cerca di dignità.
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