lunedì 13 marzo 2017

Vi racconto "Vertigo" del grande Hitchcock

                   

Se le classifiche hanno un senso, e qualche volta ce l’hanno, è questo il film più bello di tutti i tempi. Così risulta dal sondaggio effettuato nel 2012 da Sight & Soung, il molto autorevole magazine del British Film Institute, tra quasi mille critici, 843 a essere precisi, di 73 paesi diversi, sondaggio che, ricordiamolo, viene effettuato ogni dieci anni. Per la prima volta Vertigo – così il titolo originale del film di Alfred Hitchcock con James Stewart e Kim Novak – ha scalzato dal vertice, dov’era fisso da decenni senza interruzione, Quarto potere di Orson Welles, adesso al secondo posto. Scelta da condividere, quella degli 843 votanti? Sì, La donna che visse due volte è di sicuro il miglior film del suo regista, che pure ha inanellato un capolavoro via l’altro, ed è film che dalla sua apparizione – anno 1958 – non ha mai smesso di ipnotizzare spettatori e autori. E penetrato nell’inconscio collettivo globale come pochi, fino a segnarlo in profondità. Difficile dire ancora qualcosa su Vertigo, dopo che ci si sono esercitati sopra i critici più acuminati e gli amanti del cinema più passionali, dai Cahiers in giù. Basti dire che Hitchcock qui sfonda tutti i generi e le convenzioni filmiche confezionando un’opera assoluta. Il voyeurismo, la necrofilia, il tema del doppio, la coazione a ripetere, l’ineluttabilità del destino, il sogno dell’immortalità: c’è questo e altro in La donna che visse due volte. Un uomo perde la donna che ama, incontra una ragazza che le assomiglia e attraverso di lei fa rivivere la scomparsa. C’entra una torre campanaria di una missione spagnola, c’entrano le vertigini di cui soffre il protagonista. James Stewart riesce a conferire levità al suo patologico personaggio, a rendercelo accettabile. Kim Novak nella parte della vita. Citato e omaggiato un’infinità di volte, dal Brian De Palma di Omicidio a luci rosse (il titolo originale è meglio e più hitchockiano: Body Double) all’Almodovar di La pelle che abito. Musiche naturalmente di Bernard Herrmann.

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